Francesca Michelotti – Catalogo Mostra

Oggi finalmente si permette il “piacere” della creatività e lo fa con l’insopprimibile ottimismo di chi, manipolando l’argilla per ricavarne delle forme, confida pienamente nell’energia delle sue mani per plasmare il mondo, anche se si tratta di quella minuscola porzione di mondo che gli è affidata.

Il piacere di dare concretezza plastica e cromatica a una nuova idea di sè stessi è ad alto tasso di sensorialità, soprattutto perchè appaga il tatto e la vista. Ma sono certa che Franco, quando realizza le sue ceramiche, estenda e amplifichi le proprie percezioni sensoriali a mollo di più, al calore, agli effluvi che si sprigionano, al crepitio delle materie che fondono ed eruttano. Sono certa che questa sia la parte che predilige, e che la sua passione si plachi come e di pari passo con il pezzo uscito di cottura, che lentamente si raffredda e torna alla normalità.

Vi è naturalezza nei nudi anatomici che impudicamente declinano intrecci erotici e di propiziazione amorosa, e invece inquietudine nella fisicità dilaniata delle altre figure. In ogni caso la sua attenzione ai riti e alle raffigurazioni del corpo svela una componente di sensualità confermata anche dalla sensibilità materica con cui tratta tutte le superfici.

Aspre o seriche, tormentate o carezzevoli sembrano tutte create per indurre un’alta reattività tattile, come quella dei sensi allertati nei preliminari sessuali o nell’alterazione del turbamento emotivo.

Le textures cangianti, le epidermidi lunari, l’iridescenza degli smalti e delle cromie descrivono la sua volontà di sviluppare le vocazioni espressive della ceramica, potenziate dall’autonomia implosiva della cottura in riduzione, assoggettate solo alle ragioni interne del fuoco, dell’aria e della terra.

Non illudiamoci che Franco lavori per “noi” o per un qualche ipotetico pubblico, lui lavora soprattutto per sé, perché intende l’arte come una questione autoreferenziale, che ama nella sua fisicità e soprattutto nella sua fattualità. A lui occorre l’azione coinvolgente del processo ceramico, nel quale non si richiedono solo invenzione e sapienza, ma attesa e fatica, rabbia e soddisfazione, e dove l’artista compie gesti antichi come l’intelligenza dell’ uomo.