La produzione artistica esprime sempre un desiderio pressante di
comunicazione. Si sceglie un sistema linguistico di tipo particolare(pittorico, plastico, letterario, poetico, musicale) perché si sente di dover dire qualche cosa di particolare rispetto agli strumenti usuali del comunicare. Infatti la produzione artistica può essere definita un tipo speciale di comunicazione, vale a dire una comunicazione altra che, quando perviene a certi risulatati di valore, diventa anche una comunicazione alta.
Questa e una premessa fondamentale che va sempre posta allorché si vuole affrontare l’analisi di qualsivoglia tipo d’espressione, di qualunque lingua che, inverandosi nel soggetto portatore del bisogno di comunicazione speciale, si muta in linguaggio, cioè un sistema edificato sugli assi portanti di una grammatica e di una sintassi individuali, in altre parole si muta nello stile.
Il sammarinese Franco La Maida ha certamente dentro di sè questa premura di raccontare, per immagini, le misteriose pulsioni dell’anima. E lo fa ricorrendo alla pittura ed alla ceramica dipinta ove rintraccia superfici su cui proiettare i pensieri visivi che scorrono sotto l’influsso delle sensazioni e dei moti dello spirito. Fedele alla tradizione che vuole mantenere il filo diretto tra il dato reale e l’interpretazione immaginaria, quindi operando all’inferno della cosidetta figurazione, La Maida traduce le suggestioni che gli provengono dal mondo vero in elementi di un mondo verosimile nel quale domina incontrastata la dimensione del silenzio.
Ogni dipinto del pittore sammarinese risulta privo di connotazioni acustiche anche soltanto suggerite: i personaggi umani o animali, le cose, la natura sono immersi in uno spazio che si identifica col silenzio. Ed in questa vaga atmosfera metafisica uomini e cose, animali e piante appaiono in attesa di un evento che non è ma che certamente sarà (anzi avverrà) anche se nessuno può dire quando. Dunque io direi che La Maida racconta in silenzio il quale, come tutti sanno, non è un’ “assenza”, ma una presenza talmente pregna di tutto da apparire trapassante nel suo contrario. Nel silenzio infatti esistono tutte le potenzialità in attesa di essere sollecitate o di trasformarsi da potenza in atto, da idea in cosa, da immaginazione in realtà, da verosimiglianza in verità. Un silenzio, quello del nostro artista, che, come già detto, si fa spazio e che si dilata quasi rincorrendo l’infinito, ma che si fa anche luce che non si posa sopra le figure e le cose ma le avvolge penetrandole. Così si può dire che le superfici dipinte di Franco La Maida vanno si guardate ma anche – per paradossale che possa sembrare visto che narrano del silenzio – ascoltate. Dal momento che il silenzio non è muto ma, al contrario, è sinfonia sublime e ineffabile di suoni che soltanto orecchi dotati possono percepire. Allora ascoltiamo il silenzio raccontato dal pittore per cogliere qualche bisbiglio e qualche fruscio che forse possono aiutarci a capire meglio il senso e la qualità del nostro esistere.
ARMANDO GINESI (Critico d’Arte) Mostra anno 1993