Si è svolta di recente alla Galleria Nazionale di San Marino una mostra di
ceramiche di Franco La Maida dal titolo ”Bolliture, cotture e graffiti”. La prima sensazione di fronte all’opera di Franco La Maida è quella di trovarsi a contatto con sculture ancestrali, appena abbozzate e lacerate, sintesi di gesti o amplessi archetipici, privi di tabu sociali, legati al primitivo piacere della carne, o al massimo alla sua tradizione nelle sculture arcaiche. Queste sculture sono memorie di culture lontane, passate perché arcaiche, distanti perché esotiche. Lontane nel tempo, poi cancellate da infantili tabu di recente costruzione, diverse nello spazio perché appartenenti alle culture aborigene, etrusche, hindi. Primitivi sono i segni che restano, occhi (come specchio dell’anima?), pesci come esorcizzazione della pesca, esattamente come nelle grotte di Lascaux la rappresentazione degli animali è I’esorcizzazione, il buon augurio per la caccia futura. Le bolliture e le cotture sono l’elemento alchemico di trasformazione, l’uomo che scopre il potere trasformativo del fuoco ed il potere di avere il fuoco, di possedere i segreti di interpretarne le capacità transustanziatorie. Le bolliture e le cotture assurgono dal ruolo di elementi dequalificanti, difettosi, al ruolo di controllata trasformazione della materia, al ruolo di aggiunta qualitativa: masala. La Maida in queste sue opere matura il conflitto che esiste fra l’informale, il gesto che diventa segno, I’arte non programmata, imprevista nei suoi esiti e la sua formazione di ceramista ossia I’arte che deve essere programmata, che devi prevedere nei suoi esiti. La ceramica è, da un certo punto di vista I’arte formale per eccellenza. Si deve prevedere il ritiro, il cedimento della tesa, la fessurazione durante I’asciugatura del pezzo, la cottura accuratamente controllate per evitare (o programmare) che uno smalto fonda. La condizione di incomunicabilità dell’informale deve essere superata dall’istinto comunicativo dell’arte primitiva fatta principalmente per far partecipe la collettività delle proprie espressioni. La chiave principale dell’opera di La Maida è nel conflitto fra il desiderio di comunicare e la discrezione degli atti e dei sentimenti.
Articolo tratto dalla rivista “La Ceramica MODERNA & ANTICA” n°247 Ottobre 2005